Morti di oggi e domani

21/11/2012

Le morti che ci troviamo a piangere oggi sono quelle dei ciclisti, spesso giovani come anziani, vittime di una cultura automobilutilitaristico prepotente sempre più diffusa e coriacea?Quelle di domani? Quelle che un sistema che si alimenta ed alimenta un simile sentire che non avrebbe basi per essere riconosciuto comune? L’inquinamento industriale, quello delle aziendive che sversano nel fiume Olona, dei comuni che non controllano gli scarichi come il consumo di territorio, strumenti di risparmio e sostegno dei bilanci.

Senza una inversione culturale e comportamentale non vediamo soluzione. Domani si continuerà a morire schaicciati per strada da chi usa l’auto come una formula tanke, oggi contimueremo a morire d’amianto, a Taranto per l’inquinamento dell’Ilva… scontrandoci su pista ciclabile con chi la percorre in auto al grido di “sto lavorando”.
L’ozono in atmosfera sta aumentando, più velocemente delle previsioni, effetti se ne vedono, siamo tutti responsabili, siamo tutti richiamati.

Il fine settimana in zona offre almeno due iniziative pubbliche per convinceci:

Sabato 24 Novembre, alle ore 15.00, presso la Biblioteca Civica di Castellanza (piazza Castegnate, 2bis)
INCONTRO PUBBLICO NO ELCON

Domenica 25 Novembre, dalle 10 alle 19, presso la ex Borletti, in via Olona a Canegrate
all’interno della manifestazione Natura e Cultura, sarà presente il
FORUM ITALIANO DEI MOVIMENTI PER LA TERRA E IL PAESAGGIO


Chi pedala ha fatto una scelta?

17/05/2012

Sabato partecipiamo alla manifestazione in perfetto critical mass stile, mi sa che ci si diverte, pur se la questione è più che seria.

http://valleolonarespira.wordpress.com


Auto: vita, morte e rinascita

22/10/2011

Se a Houston, in Texas, fai una passeggiata, la polizia accosta e ti chiede se hai un problema. Perché camminare non è normale: esci e prendi l’auto. Non è un caso isolato quando la vita sociale dei cittadini è decisa dagli ingegneri del traffico. L’auto davvero ecologica non è dunque una macchina meno inquinante ma una grande trasformazione che muta radicalmente l’organizzazione e i prodotti dell’industria, ridisegna la forma delle città e sposa una mobilità diversificata basata sui trasporti pubblici. Alexander Langer la chiamava “conversione” della produzione e degli stili di vita e per i centri di ricerca che studiano l’ecoefficienza, dal Wuppertal Institut di Wolfgang Sachs al Rocky Montain Institute di Amory e L.Hunter Lovins, al Natural Capital Institute di Paul Hawken, è la “terza rivoluzione industriale” ed investe tutti i settori produttivi.
Le prime analisi controcorrente, che mettono in discussione la civiltà dell’auto risalgono agli anni Ottanta (Sachs, “Die Liebe zum Automobil”), poi si intensificano. Danni ambientali e sociali, saturazione del mercato occidentale, una congestione del traffico tale da porre fine a un’idea di libertà nata con l’auto stessa (Guido Viale, “Vita e morte dell’automobile”). Di fronte alla crisi del settore è compito della politica cambiare la mobilità e riportare in vita l’urbanistica per riconsegnare ai cittadini strade e piazze, mentre l’industria automobilistica deve reinventarsi. Lo può fare guadagnando, sostengono i Lovins e Paul Hawken, ambientalisti favorevoli al mercato, ma per questo deve cambiare mentalità e abbandonare l’uso antieconomico delle risorse (“Capitalismo naturale”, ristampa 2011 Edizioni Ambiente). Seguire principi biologici, riusare materiali, eliminare sostanze inquinanti e smetterla di accanirsi contro gli operai, puntando piuttosto sulla produttività delle risorse, scelta che consente di «ottenere lo stesso lavoro utile da un prodotto o da un processo usando meno materiali e meno energia», liberando grandi quantità di capitale. «Ottimizzare la qualità invece di aumentare i prodotti» (Wuppertal Institut).
Se si vuole salvare l’auto bisogna dire la verità, riconoscere che il modello concettuale dell’industria automobilistica è superato, e superate sono le vetture che produce. Veicoli pesanti, dispendiosi, spreconi, rumorosi e inquinanti, pronti oggi a far danno anche nei Paesi emergenti. Innovazione è progettare modelli radicalmente diversi: più leggeri, aerodinamici, ibridi-elettrici. Un prototipo esiste già dal 1991 ed è l’Iperauto, creato dal Rocky Mountain Institute, non brevettabile, a disposizione della ricerca.
Perché non si cambia? Secondo Hawken l’ostacolo maggiore è culturale. I manager non comprendono i sistemi viventi e i rendimenti che derivano dal risparmio. Bisogna mostrare loro i calcoli e se ancora non capiscono che l’ecoefficienza riduce i costi operativi e fa guadagnare più che aumentando la produzione di auto obsolete o tagliando il lavoro, «cambiare in fretta un management inefficace». Negli ultimi dieci anni Daimler-Benz, Ford, GM, Volkswagen, Toyota, Renault-Nissan hanno cominciato a progettare vetture diverse. Ma non Fiat.

da: il manifesto (21/10/2011), quotidiano in crisi a causa dei tagli all’editoria cooperativa.


Da greenpeace

25/04/2011

Il 26 aprile 1986, nel reattore numero 4 della centrale nucleare di Cernobyl, si registra il più grave incidente nucleare della storia. Oggi, a distanza di 25 anni, l’attenzione del mondo si è spostata altrove ma noi non vogliamo dimenticare. E tu che cosa ricordi di Cernobyl?

Sul nuovo sito www.generazionecernobyl.org

 


a B C cletta

5/09/2010

contro la crisi

aggiungiamola vah al decalogo di Sbilanciamoci!

Le 10 proposte di Sbilanciamoci! contro il declino dell’Italia

1) Tassa patrimoniale del 5 per 1.000 sui patrimoni oltre i 5 milioni di euro. Questo prelievo, insieme all’armonizzazione dell’imposizione fiscale sulle rendite fiscali al 23%, all’accentuazione della progressività fiscale e ad alcune “tasse di scopo”, potrebbe portare nelle casse pubbliche oltre 15 miliardi di euro (10 dalla patrimoniale). Sì alla campagna internazionale che promuove la tassa dello 0,05% sulle transazioni finanziarie.

2) Soppressione del programma per la costruzione di 131 cacciabombardieri F35 (costo pluriennale di 16 miliardi), riduzione dell’organico delle Forze Armate (da 190mila a 120mila unità), integrazione europea delle forze di sicurezza, soppressione di altri sistemi d’arma. Queste misure nel 2011 farebbero risparmiare 7 miliardi.

3) Introdurre l’open source nella Pubblica Amministrazione. I due miliardi risparmiati potrebbero essere investiti per la diffusione dell’informatica in ogni campo sociale.

4) Cancellare il Ponte sullo Stretto e le grandi opere (risparmio di 1,5 miliardi nel 2011).

5) Mettere all’asta le frequenze del digitale terrestre. Lo Stato incasserebbe così 4,5 miliardi.

6) Protezione di precari e disoccupati. Estensione degli ammortizzatori sociali previsti per i lavoratori a tempo indeterminato anche ai precari e a chi non ha un impiego. Reddito sociale di 700 euro mensili per i disoccupati. Più asili nido, assistenza domiciliare e misure di inclusione per gli immigrati. Il costo di queste misure per il 2011 è di 6 miliardi. Depenalizzare le condotte che non ledono beni costituzionalmente protetti e lo status di immigrato irregolare. Decriminalizzare la vita dei consumatori di droghe. Le risorse liberate potrebbero essere usate per progetti di inclusione sociale.

7) Energie pulite e mobilità sostenibile. Piano di sviluppo delle imprese attive nel fotovoltaico (Almeno 1 milione di nuovi pannelli nel 2011) e delle produzioni e dei consumi che incrementano la diffusione delle energie rinnovabili. Piano nazionale per il trasporto pubblico locale che abbia l’obiettivo di ridurre le emissioni climalteranti: 1.000 nuovi treni per i pendolari, city manager e car sharing in almeno 30 città italiane di grande e media dimensione. L’onere di queste misure è di 4 miliardi.

8) Interventi per la crescita dell’offerta formativa e per il diritto allo studio, ripensamento della didattica, promozione della partecipazione attiva degli studenti all’interno dei luoghi del sapere, stanziamenti per la ricerca in linea con gli standard europei. Servono almeno 4 miliardi per far fronte all’emergenza istruzione.

9) L’Italia non ha bisogno di grandi opere ma di piccole opere: riassetto idrogeologico del territorio, messa in sicurezza delle scuole, preservazione di coste e beni paesaggistici, manutenzione del sistema idrico, soprattutto nel Mezzogiorno, sistemazione di numerosi piccoli centri, in prevalenza montani. Investimenti per 9 miliardi nelle piccole opere.

10) L’Italia ha bisogno di un’altra e di una nuova economia: sviluppo locale e filiera corta in agricoltura, produzioni e consumi di qualità, che siano socialmente ed ecologicamente sostenibili. Agricoltura biologica, economia solidale e di prossimità, innovazione e ricerca, gruppi di acquisto solidale, incentivi alle imprese che promuovono le forme di economia sostenibile. Servono almeno 3 miliardi di euro da investire nella direzione di un nuovo modello di sviluppo e da destinare alla lotta contro la povertà. Con le risorse disponibili presso la Cassa Depositi e Prestiti si crei una banca di investimenti pubblici per favorire in “green deal” nel nostro paese. Questo è anche un modo per ridare al settore pubblico un ruolo centrale nella finanza e nel sostegno all’economia reale.

Cambiare le produzioni, cambiare i consumi. Riconversione dell’industria automobilistica
“In questa fase storica l’industria automobilistica è in difficoltà, si calcola che le fabbriche di auto facciano i conti con una sovrapproduzione del 30-40% che il mercato non riesce ad assorbire. – afferma l’economista ambientale Guido Viale, intervenuto nella sessione pomeridiana del forum, intitolata “Cambiare le produzioni, cambiare i consumi” – Va da sè che un simile squilibrio non si risolve all’interno di un singolo gruppo, ma necessità di politiche più ampie. E’ evidente che le grandi aziende dell’auto per salvare i propri livelli occupazionali debbano optare per una  conversione industriale e destinare quella parte del loro potenziale produttivo che il mercato non accoglie più verso nuove forme di consumo. Alcuni esempi? Forme di trasporto condiviso come il car pooling, il car sharing e i taxi a chiamata. Inoltre, le conoscenze motoristiche di un’azienda come Fiat potrebbero essere usate per realizzare impianti di cogenerazione energetica, idonei a riscaldare e raffreddare gli edifici e a produrre energia elettrica, motori per pale eoliche e altre tecnologie verdi. La stessa Volkswagen, che pure vanta una posizione di mercato migliore rispetto a quella di Fiat, ha deciso di realizzare 100.000 impianti di cogenerazione energetica per coprire i vuoti produttivi”.

La civiltà dell’auto, e di conseguenza l’organizzazione sociale e delle città che abbiamo visto negli ultimi decenni, attraversa una fase di declino – sostiene Francesco Garibaldo, sociologo industriale, già direttore dell’Ires –. Tuttavia la risposta al cambiamento va pensata in modo diverso in base al luogo in cui ci si trova. I centri storici di quasi tutte le città italiane sono adatti a essere percorsi senza automobile, a piedi, in bicicletta o con scale mobili o tapis roulant, come avviene nei grandi magazzini o in altri spazi simili. Basti pensare che l’aeroporto di Francoforte, all’interno del quale nessuno circola in auto, è più grande del centro storico di Bologna. E’ ovvio, però, che in molti altri casi l’automobile resta un mezzo di trasporto assai prezioso, se non indispensabile, per portarci da un luogo all’altro”.

10B) usare la bicicletta ogni giorno negli spostamenti urbabni, e se si hanno le palle, il giacchettino fosforescente e le gambe, anche negli extraurbani, tipo da Legnano a Milano o al Ticino